Omero Rusa Nivol è considerato tra i maggiori poeti contemporanei del XXI secolo. La sua lirica essenziale, tradotta in cinese col titolo “Te lo do io il tabacco del moro”, intrisa di richiami erotici, è tuttora oggetto di serrate discussione nel mondo della critica letteraria.
Grazie all’interessamento del nostro amico Barone di Munchhausen Sussukandom è riuscito a intervistarlo.
Maestro, i suoi lavori vengono sovente accusati di ermetismo etimologico…
“Baggianate. È solo una questione di abbigliamento mentale poiché la critica attuale veste panni di tela grezza.”
Però neppure Lei, a volte, è andato per il sottile… Le ricordo la sua traduzione in cirillico di “Mutadis Mutandi” . Si attirò le furie del Comitato centrale del Pcus
Solo una corrente d’aria, e infatti quei quattro zozzoni cominciarono a cambiarsi le mutande optando per modelli in ghisa.
Maestro, ci fu poi, però, il casino del Rubicone… Lei scrisse il il celebre verso “il dado è tratto”, ma il dado…”
L interrompo poiché scrissi anche che “se becco il mascalzòn ei si caga nei calzòn”. Fu un colpo di mano del mio acerrimo nemico Cletius Egocentrincus, un tipo affetto da ipocoristimia galoppantre, che quando entrava al supermercato lo faceva con l’atteggiamento di chi s’aspetta un applauso. Per un cipolla?!
A proposito di supermercati lei scrisse anche la celebre ode al Pomodoro Polacco…
I discendenti del Principe Jagellone sono strani. Quando scrissi che per un latino mangiare pomodori polacchi era, ed è, un po’ come far l’amore in piedi e vestiti venne convocato addirittura un Sinodo. I teologi sostennero che i versi incitavano alla lussuria ma poiché la bramosia rivestita impediva la procreazione, risultava palese il conseguente incitamento subliminale al peccato di onanismo. In somma, il peccato di dispersione del seme.
Lei va ancora in Polonia?
No. Oggi alloggio presso una suite del Billionaire di Briatore. Nonostante le dicerie, il pomodoro è ancora considerato una verdura di stagione.